Biografia
Erio Baracchi nasce nel 1926, lo stesso giorno di Michelangelo, il 6 marzo. Pittore e grafico, lavorerà e vivrà sempre nella sua città natale, la sua amata Modena.
Da bambino viveva in una casa con un bellissimo giardino; in quel giardino ha cominciato a fantasticare, a fare i primi disegni e i primi schizzi, a viaggiare nell’infinito con la mente. La passione per il disegno lo ha portato quindi a compiere studi artistici.
Dopo essersi diplomato all’Istituto d’Arte Venturi di Modena, inizia la sua esperienza di designer e grafico, principalmente nell’industria d’avanguardia. Le prime aziende, Fiat Trattori e Comau, le ha comunque sempre affiancate nel corso della Sua intera carriera. Parallelamente ha coltivato la sua attività personale, intraprendendo un viaggio iniziato con le tecniche miste e durato 60 anni di affinamento.
Si sposa nel 1948 con Anna e due anni dopo arriva la primogenita, cui viene dato nome Eriana. Un nome sicuramente inusuale, ma fortemente voluto in quanto l’unione dei nomi Erio ed Anna.
Quindici anni dopo incontra un’altra donna, Cosetta, con la quale continuerà la propria vita personale e professionale e dalla quale avrà un figlio, Eriano,
Erio è sempre stato un padre dolce e affettuoso, ma sapeva essere anche molto severo se necessario. Aveva un carattere forte e determinato e sapeva farsi ascoltare dai figli. Non hai mai mancato di attenzione per quella che era l’educazione, trasmettendo loro il concetto della vita e del rispetto, verso se stessi e verso il prossimo.
E di questo concetto ne ha sempre dato l’esempio, avendo lui per primo un approccio verso gli altri molto aperto, ma sempre con un assoluto rispetto del suo interlocutore. Con amici e colleghi, anche se in disaccordo, si confrontava sempre con eleganza mentale armonica, disponibilità e generosità.
Diversamente dalla quasi totalità dei suoi amici e colleghi, non ha mai sentito l’esigenza di dipendere economicamente dalla vendita delle sue opere per sostenersi; Ha invece sempre lavorato come insegnante e come designer, rimanendo così libero dal giogo di mercanti e dalle esigenze commerciali, potendo così raggiungere un linguaggio unico nel panorama artistico.
Era un uomo assolutamente metodico. Tutte le mattine, tutti i giorni, si recava nel suo studio alle 7, dove era libero di dipingere ciò che sentiva e desiderava esprimere, accompagnato dal suono della musica classica che amava, concentrato sulla continua e costante ricerca, sia concettuale che tecnica. Alle 13.00 rientrava a casa per pranzo e nel pomeriggio, dopo il suo classico pisolino, la circostanza si ripeteva. Unica eccezione a questa routine erano le visite a gallerie o appuntamenti durante i quali curava e ampliava le sue già numerosissime pubbliche relazioni.
Mai un giorno senza recarsi al suo studio. Si rilassava un po’ soltanto la sera dopo cena, guardando qualche bel film (possibilmente western), ma anche in quei frangenti il suo estro creativo non si placava: disegnava sull’agenda, su un foglio di carta, su quello che aveva a portata di mano.
Appassionato della montagna, nel periodo estivo spostava il suo studio prevalentemente in Trentino, dove continuava a lavorare e dove poteva curare un’altra delle sue passioni, la fotografia. Faceva col figlio lunghe passeggiate nel parco di Cavalese, parlando con lui di amore e vita, ammirando la bellezza e la poesia della natura.
La vocazione all’insegnamento era spontanea e naturale.
Dopo aver insegnato negli Istituti Statali, spinto dal concetto che esprimersi con i mezzi dell’arte non porta soltanto ad una cultura dell’immagine, ma soprattutto ad un arricchimento dal punto di vista umano, ha dato vita, con il solito entusiasmo, alla Scuola dell’Arte dell’Università della Terza Età di Modena, dove si è dedicato con passione e serietà a guidare la mano di chi gli chiedeva un reale apprendimento.
Ha lavorato, insegnato, sognato e progettato con i suoi allievi e i suoi amici, Renzo Margonari per primo, sino a quando la malattia lo ha fisicamente bloccato.
Ha sempre cercato di trasmettere, attraverso i suoi ambienti e non solo, lo spettacolo e il mistero della vita e della natura, ma lo ha fatto con l’animo di un bambino perché, come diceva lui, “un adulto deve sempre mantenere l’animo di un bambino per coglierli”