Baracchi in tu le sue azioni di arte e di vita ha sempre mantenuto una serietà scrupolosa e una correttezza decisionale che è stata unicamente condizionata da scelte sue e molto meditate.
Il suo “iter” ha ricercato uno sviluppo lento e maturo verso una convergenza di significati diversi, dentro allo spazio visuale e figurale, a partire dall’immagine e con l’immagine, ed è così pervenuto a una visionarietà che lo distingue da quella che è normalmente mediata dai moduli della realtà quotidiana: il suo è un modo di recuperare gli effetti delle immagini dipinte, trasformandole, come appartenessero a un ricordo trasmesso per via genetica e di percepirle con una emozione che non si collega a nessun ricordo.
In varie fasi successive, Baracchi è passato da un tema fantastico che per talune convergenze di significati era assai vicino alla sostanza dei racconti di Dino Buzzati.
Nelle sue immagini visualizzava delle enigmatiche architetture vincolate all’interno d’uno spazio ovattato da un silenzio metafisico e misteriosamente popolato da muliebri figure, mute e silenziose, come per esempio quelle di Delvaux, – tuttavia non volgarmente provocanti e assai delicate – indubbiamente non animate da erotici furori ma da languori estenuanti e da una logica dell’assurdo.
Proseguendo poi con il passare degli anni nel suo processo d’evoluzione per filtri interiori, Baracchi è pervenuto all’ultima ideazione di “ambienti architettonici” e nel contempo elettivi del pensiero derealizzante.
Franco Passoni settembre 1983
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